Riforma rivoluzionaria                           per un'Italia più democratica 

Brevemente per chi non ha voglia o tempo:

 

Propongo:

 

  1. La modifica dell’art. 1 della Costituzione nel seguente modo  “L’Italia è una Repubblica fondata sulla centralità del lavoro e dei lavoratori, sulla dignità umana e sulla solidarietà sociale. Ogni sua norma dovrà essere concepita nel rispetto di tali principi."
  2. La realizzazione della Democrazia Partecipativa mediante validi sistemi di proposte popolari ed enti locali più vicini alla gente.
  3. La separazione dei poteri che vieti che un membro del Governo possa sedere in Parlamento
  4. La modifica del divieto di deficit di bilancio.
  5. L’introduzione nella Costituzione della pari spesa pro-capite del sistema pubblico consolidato in ogni parte del paese.
  6. L’adozione di un sistema elettorale basato sulla scelta degli uomini, prevedendo la responsabilità dell’eletto verso gli elettori, con facoltà da parte di un numero adeguato di questi della revoca del mandato.
  7. L’introduzione della cogestione nelle aziende maggiori.
  8. La modifica della Borsa al fine di scoraggiare fortemente ogni speculazione.

 

Più in dettaglio:

 

Chi voglia la “trasformazione”  reale e concreta del nostro paese affinché si affranchi finalmente da una condizione di capitalismo sempre più schiavizzante e deprimente nei confronti della quasi totalità della popolazione, deve partire dalla concezione ideologicadel nostro paese, ossia dalla stessa definizione della Repubblica e dalle sue istituzioni.

 

 

Se noi vogliamo realizzare il cambiamento, se vogliamo un’Italia nuova, che non sia più, come nei fatti sempre più è, di concezione strettamente liberista e capitalista, dobbiamo cominciare col non contentarci più che l’Italia sia “Una repubblica fondata sul lavoro”, concetto vago e che, in fondo, non dice nulla. Qualsiasi società, infatti, si basa sul lavoro, il più delle volte asservito al capitale che, negli ultimi anni, ha ritrovato gli strumenti per ridurre sia le retribuzioni reali (ossia il potere d’acquisto) che i diritti dei lavoratori.

 

Si potrebbe allora promuovere la modifica dell’articolo 1 della Costituzione, che reciti: “L’Italia è una Repubblica fondata sulla centralità del lavoro e dei lavoratori, sulla dignità umana e sulla solidarietà sociale. Ogni sua norma dovrà essere concepita nel rispetto di tali principi.”

 

Sempre nell’ambito della Costituzione si dovrebbe ancora agire perché l’Italia si trasformi verso una Democrazia Partecipativa, in cui l’esistenza inevitabile dei partiti e dei movimenti politici non sia più un filtro insormontabile fra la popolazione ed i poteri legislativo ed esecutivo, mediante la realizzazione di validi sistemi di proposte popolari, come, ad esempio, un ordinamento degli enti locali che, facendone istituti sempre più vicini alla gente, permetta che essi possano divenire i veicoli delle proposte provenienti dal basso verso Parlamento e Governo.

 

In ogni caso va realizzata in toto la separazione dei poteri, che in atto in Italia non è completa. La nostra Costituzione infatti non prevede l’incompatibilità fra le cariche parlamentari e quelle governative, come invece avviene in altri paesi.

 

Bisognerà inoltre modificare il divieto di deficit di bilancio appena introdotto, prevedendo i casi in cui il deficit sia ammesso, come, ad esempio, quello della risoluzione di crisi economiche.

 

Nell’ambito della Costituzione va inoltre introdotto un importante concetto presente in altri paesi, come la Germania, ossia che la spesa pubblica pro-capite consolidata (dallo Stato agli enti locali) debba essere uguale in ogni parte del paese, ponendo fine ad una delle più vergognose caratteristiche italiane, che, cioè, si spenda, pro-capite, più da una parte e meno da un’altra, e sovvertendo la malsana idea recentemente portata avanti da formazioni a diffusione locale, che la spesa debba restare dove lo Stato incassa, dimenticando i più elementari concetti di solidarietà sociale.

 

A completamento di questo assetto istituzionale, seppur fuori dalla Costituzione, va anche discusso un nuovo sistema elettorale, aspetto di fondamentale importanza per la realizzazione di una democrazia partecipativa. In merito vanno probabilmente portati avanti sistemi che privilegino fortemente la scelta dell’uomo e delle idee a preferenza del partito/movimento, in altri termini sistemi elettorali in cui si voti per l’uomo, e solo conseguentemente per il partito o il movimento. Sempre in termini di rappresentanza da parte dell’eletto, va discusso se questi debba essere considerato responsabile dei propri atti politici ed amministrativi nei confronti del partito/movimento o degli elettori, ai quali soli debba rendere conto e dai quali possa, in qualsiasi momento, essere sollevato dall’incarico, ovviamente con procedura democratica e garantista per tutti, con un sistema che ricordi “l’ostracismo” di Atene. Quindi, fra l’altro, nel caso di cambio di affiliazione politica da parte dell’eletto, la scelta dovrebbe essere avallata dagli elettori.

 

Fin qui alcune innovazioni di natura politica, ma, probabilmente, ancora più incisive possono risultare innovazioni nel campo della vita economica del paese.

 

Si dovrebbe scardinare, in maniera concreta e reale, l’attuale assetto dei rapporti fra lavoro ed imprenditoria, che da tempo sta sempre più vedendo imporsi la forza del capitale sui lavoratori indeboliti da una globalizzazione che ha assunto la forma di neo colonialismo per i paesi in via di sviluppo e che per i paesi a tradizione industriale, come l’Italia, è diventata il grimaldello che ha scardinato la compattezza dei lavoratori, minacciati dalla delocalizzazione. Tuttavia basta dare un’occhiata fuori dall’Italia per rendersi conto che in altri paesi, vedi la Germania e la Svezia, ad esempio, è stato individuato lo strumento per porre in posizione, se non di uguaglianza, almeno di rapporto accettabile i lavoratori rispetto al capitale.

Il riferimento è alla cogestione adottata, appunto, in Germania e Svezia, consistente nella partecipazione di rappresentanze dei lavoratori al controllo, se non alla gestione dell’azienda.

 

Sempre nell’ambito dell’economia è da mettere allo studio quali modifiche apportare al funzionamento della borsa, allo scopo di sottrarre l’economia dell’intero paese, e quindi la vita di decine di milioni di persone, dalle storture volute dalla finanza per il profitto di pochi.

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